Onorevoli Colleghi! - Com'è noto gli Statuti delle regioni speciali, tra cui quello del Friuli Venezia Giulia, non possiedono lo stesso rango degli Statuti delle regioni ordinarie, posto che l'articolo 116 della Costituzione prescrive per la loro approvazione e modificazione il ricorso al procedimento aggravato di formazione delle leggi costituzionali.
      La riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, approvata alla fine della XIII legislatura, pur non investendo direttamente l'autonomia delle regioni speciali, ha introdotto una importante disposizione transitoria a salvaguardia delle cinque regioni speciali e delle due province autonome di Trento e di Bolzano (articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001). Più precisamente la suddetta disposizione transitoria ha disposto che «Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite». Utilizzando le parole della Corte costituzionale, è giusto affermare che «l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 configura un particolare rapporto tra norme degli Statuti speciali e norme del titolo V della seconda parte della Costituzione, un rapporto di preferenza, nel momento della loro "applicazione",

 

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in favore delle disposizioni costituzionali che prevedono forme di autonomia "più ampie" di quelle risultanti dalle disposizioni statutarie» (sentenza n. 314 del 2003).
      Nel concreto, l'applicazione di siffatta clausola ha comportato in Friuli Venezia Giulia, così come in altre regioni speciali, l'accantonamento di intere parti dello Statuto che allo stato attuale non trovano più applicazione. L'impressione che si ha oggi nel leggere lo Statuto della regione Friuli Venezia Giulia è quella di avere di fronte un involucro semivuoto, in cui gran parte del contenuto appare trasfuso altrove (in particolare nelle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione).
      Ancora una volta, quindi, le regioni speciali si vedono costrette, loro malgrado, a «rincorrere» quelle ordinarie (come già era accaduto con la legge costituzionale n. 2 del 2001), scongiurando il rischio di una vera e propria specialità in negativo.
      È evidente allora come il rilancio dell'autonomia della regione Friuli Venezia Giulia possa passare solo attraverso la riscrittura dello Statuto. Riscrittura tanto più avvertita quanto si consideri che l'utilizzazione della clausola contenuta nell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 appare spesso foriera di incognite e di incertezze ermeneutiche (non è sempre agevole distinguere le disposizioni dello Statuto superate da quelle vigenti), sicché solo l'approvazione del nuovo Statuto potrà porre fine all'attuale regime transitorio. Attraverso il varo del nuovo Statuto possono così non solo essere formalizzate, e quindi rese certe, quelle forme di autonomia più ampie oggi applicate in virtù dell'adattamento automatico, ma soprattutto essere ricercati con il contributo di tutte le forze politiche regionali nuovi e ulteriori spazi per l'autonomia del Friuli Venezia Giulia.
      Le speranze di chi avrebbe voluto un clima bipartisan e di collaborazione nella predisposizione da parte del Consiglio regionale friulano del testo da sottoporre al Parlamento sono, tuttavia, ben presto naufragate. Il Consiglio regionale (rectius: la sua maggioranza) è giunto all'approvazione di un testo largamente insoddisfacente, frutto delle incomprensibili forzature imposte dalla maggioranza di centro sinistra. Il risultato: un documento politico di parte, colpevole di numerose insufficienze e distante dal vero sentire della comunità regionale.
      La presente proposta di legge costituzionale di revisione statutaria di iniziativa parlamentare ha l'obiettivo di supplire a tali carenze, proponendo un testo alternativo e più confacente alle esigenze della comunità regionale friulana.
      Tra i punti che maggiormente qualificano il presente progetto di legge costituzionale vanno segnalati:

          1) una più compiuta articolazione del principio di sussidiarietà. A nulla vale enunciare un principio come quello della sussidiarietà istituzionale (articolo 10) se non lo si accompagna ad altre disposizioni che ne garantiscano la sua compiuta attuazione. Le disposizioni contenute nel titolo IV dello Statuto svolgono una funzione di implementazione del principio di sussidiarietà, circondando di garanzie l'esercizio delle funzioni amministrative al livello più basso possibile. In particolare gli articoli 21, 22 e 23 hanno l'obbiettivo di operare una più spinta devoluzione delle funzioni amministrative nei confronti di comuni, province e città metropolitane, sottraendole alle future e arbitrarie decisioni del legislatore regionale;

          2) una sistemazione certa delle attribuzioni del Consiglio delle autonomie locali, in modo da rendere tale organo un importante snodo nei rapporti tra regione ed enti locali. A tale fine si è deciso di valorizzare il ruolo del Consiglio delle autonomie locali quale interlocutore dell'esecutivo regionale, vero dominus delle attività amministrative (articolo 28);

          3) la chiara opzione a livello statutario per l'elezione diretta del Presidente della regione. Anziché demandare la scelta al legislatore regionale, e quindi alle mutevoli maggioranze politiche del Consiglio, si è preferito optare direttamente nello Statuto per l'elezione diretta del Presidente; unica via realmente percorribile

 

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(articolo 42). Si tratta di una chiara assunzione di responsabilità nei confronti degli elettori che ha il pregio della chiarezza e della trasparenza. Sul punto esiste una chiara indicazione popolare emersa dal referendum con cui è stata bocciata la «legge statutaria» approvata nell'ottava legislatura regionale. Inoltre si è provveduto ad attenuare l'attuale rigido meccanismo del simul stabunt, simul cadent: secondo il nuovo articolo 42 dello Statuto, infatti, solo la rottura esplicita del rapporto fiduciario provoca lo scioglimento anticipato dell'Assemblea legislativa regionale. In tutti gli altri casi l'Assemblea legislativa regionale procederà ad eleggere un nuovo Presidente su indicazione della maggioranza;

          4) l'attribuzione alla Giunta regionale del potere di emanare decreti-legge (articolo 51). Lo Statuto speciale, essendo fonte di rango costituzionale, ben può creare a livello regionale nuove fonti di rango primario, sicché non esistono dubbi sulla legittimità di tale previsione. I decreti-legge, se circondati da una serie di garanzie, mostrano tutta la loro utilità qualora sia necessario fare fronte a situazioni di straordinaria emergenza. L'articolo 51 dello Statuto ha il pregio di imporre una serie di «paletti» all'uso dei decreti-legge, scongiurando così il rischio dei sempre possibili abusi legati a tale fonte. Vanno segnalati la circoscrizione delle materie entro cui la Giunta può, sotto la sua responsabilità, adottare decreti con valore di legge (disastro ambientale, sanitario o calamità naturale) e il divieto espresso di reiterare i decreti-legge non convertiti dall'Assemblea legislativa regionale.

 

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